Violenti combattimenti anche oggi nel nord est della Repubblica Democratica del Congo. E così il fiume in piena di profughi privi di tutto si fa sempre più incontenibile, mentre è allarme per il rischio di stupri di massa. Ciò mentre il vertice regionale a Nairobi sulla tragedia in atto si conclude con la scontata richiesta di cessate il fuoco, ma è contrassegnato dal monito del segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon: "Questa situazione - ha detto - rischia di far esplodere tutta l'area dei Grandi Laghi". E' il quadro odierno, che si fa di giorno in giorno più drammatico, del conflitto nel Nord Kivu, ai confini col Ruanda, dove i ribelli tutsi del generale Laurent Nkunda non allentano la morsa, anzi continuano ad avanzare, mirando, probabilmente, ad accerchiare il capoluogo regionale Goma. Ed il numero di profughi continua ad aumentare, le loro condizioni si fanno sempre più critiche - gli aiuti non arrivano - e non sanno dove andare: sono allo sbando completo. L'Onu ha valutato oggi che da settembre siano almeno 253 mila, che si aggiungono agli oltre 800 mila dei mesi precedenti: ma la cifra aumenta di ora in ora. E poi denuncia la piaga degli stupri. Da gennaio a settembre, informa, 3.500 casi accertati, 400 al mese, e di sicuro è solo la punta di un iceberg poiché rare sono le denunce; ma con l'avvitarsi dei combattimenti, si sono moltiplicati: "Nel contesto attuale - si legge in un comunicato emesso a Ginevra - decine di migliaia di donne e ragazze sono a rischio in un Paese dove lo stupro è da tempo un'arma da guerra". Intanto le organizzazioni umanitarie accusano sia i ribelli tutsi che le milizie filo-governative Mai Mai di crimini di guerra; ma puntano l'indice anche contro i Caschi Blu accusandoli di non essere in grado di difendere i civili. Almeno un centinaio dei quali, denunciano ancora, sono morti nel corso dei combattimenti. Ma è la cifra accertata, perché gli orrori non sempre si scoprono: chissà quanti eccidi sono sepolti nella giungla. Come quello emerso ieri nel microscopico villaggio di Kinenje, dove sono stati rinvenuti almeno una ventina (ma altre fonti parlano di 50) di civili trucidati, alcuni dei quali forse arsi vivi. Pare sia stata opera dei ribelli, che di lì avevano scacciato i Mai Mai e forse volevano 'punire' i loro supposti complici. Tutto ciò, mentre a Nairobi si svolgeva il vertice. Presieduto da Ban Ki-moon, con due ospiti principali: i presidenti del Congo e del Ruanda (che appoggia i ribelli) Joseph Kabila e Paul Kagame. Tutto si è concluso con la scontata richiesta di cessate il fuoco, di creazione di un corridoio umanitario, all'Onu perché fornisca mandati più forti ai suoi uomini, e garantisca loro adeguate risorse. Oltre alla disponibilità ad inviare se del caso soldati regionali. Il problema è il convitato di pietra, il capo dei ribelli generale Laurent Nkunda. Con lui nessuno vuole trattare (anche se forse segretamente lo fa), ma senza di lui le intese sono scritte sull'acqua, sono proclami che non incidono sulla realtà. I ribelli hanno bollato il vertice internazionale come un altro "summit inutile". E poi il nodo vero: le risorse minerarie. Il nord Kivu ne è ricchissimo, al di là del confine - un tiro di schioppo - in Ruanda non c'é niente. Finché non si troverà un modo ragionevole di far condividere almeno un po' di quelle ricchezze anche ai ruandesi, non ci sarà mai vera pace.
http://www.siciliainformazioni.com/giornale/esteri/33991/congo-fiamme-vertice-nairobi-chiede-cessate-fuoco.htmIntervista a Andrea Pontiroli, responsabile comunicazione di Medici senza Frontiere:
Cosa fa MSF?
Abbiamo equipe in tutte le zone colpite dal conflitto, sia in quelle sotto il controllo del governo, sia in quelle sotto il controllo di altri gruppi armati, prestando assistenza medica gratuita alle persone in fuga dalle violenze e ai feriti. MSF gestisce diversi ospedali, e con un sistema di cliniche mobili cerca di raggiungere le persone isolate. Inoltre, le equipe di MSF continuano a gestire le operazioni in base alle diverse esigenze che si presentano di volta in volta, cercando di raggiungere le persone che continuano a fuggire nelle direzioni più disparate.
MSF ha parlato di un fallimento dell'assistenza umanitaria in Nord Kivu. Perché?
MSF ha criticato l'assoluta mancanza di organizzazioni umanitarie nelle zone più colpite dal conflitto. È vero che a Goma sono presenti moltissime agenzie delle Nazioni Unite e organizzazioni non governative (ONG), ma quando si esce da Goma e ci si avvicina alle zone dove le persone in fuga dal conflitto sono radunate nei campi sfollati, MSF è spesso l'unica organizzazione presente. Noi forniamo assistenza medica, ma c'è anche bisogno di aiuti alimentari, di generi di prima necessità, di interventi per garantire acqua potabile e igiene. E invece le centinaia di migliaia di sfollati del Nord Kivu sono abbandonati a sé stessi.
Il Congo compare sempre nella lista delle dieci crisi umanitarie più ignorate dai media compilata da MSF ogni anno. Come mai?
La situazione nella Repubblica Democratica del Congo è una situazione di continua crisi umanitaria. In questo momento la guerra è scoppiata nuovamente nel Nord Kivu, ma le violenze continuano anche nell'Ituri. Inoltre, la popolazione è regolarmente colpita da epidemie, catastrofi naturali e ha un accesso limitato alla salute. MSF è presente nella Repubblica Democratica del Congo dal 1981, e da diversi anni denunciamo l'indifferenza dei media e della comunità internazionale nei confronti della popolazione congolese.
http://www.giornalesentire.it/2008/novembre/546/nordkivudovesiviveesimuoredimenticati.htmlIn Africa gli scontri tra tribù sono all’ordine del giorno, ma spesso gli interventi umanitari in questi paesi sono scarsi. Spesso sono solo i medici volontari a soccorrere queste popolazioni e le organizzazioni internazionali non riescono ad intervenire. Anche l’informazione data dai media è scarsa. Perché? In queste zone vi è perennemente una crisi umanitaria eppure non vi si da la giusta importanza. Queste popolazioni non hanno bisogno solo di cibo, medicinali e beni di prima necessità nei periodi di guerra, ma anche e soprattutto di mezzi per rendersi autosufficienti sempre e liberarsi dallo stato ti povertà in cui vivono che spesso è anche una delle cause dei conflitti.